venerdì 27 gennaio 2012

Insalata di parole



No, oggi non vi spiego una ricetta surrealista!  ;)

Mi ricollego ai commenti che stavamo scambiandoci con Juhan sul suo post Parole.
Il tempo stringeva, inoltre non volevo dilungarmi troppo in quella sede, ma ho visto che a Juhan interessavano le mie osservazioni, per cui le riprendo e amplio qui.

Si parlava della bussola e credo che possiamo dare per esaurito l'argomento, salvo interventi esterni da parte di voi amici: avete qualcosa da aggiungere?



Si diceva poi del vocabolo spagnolo bodega con il significato di locale sotterraneo dove si conservano soprattutto i vini, quindi quel che noi chiamiamo cantina. Per estensione designa da un lato l'osteria, dall'altro lato la stiva delle navi.

Anche la parola derivata bodegón ha vari significati, cioé trattoria rustica, osteria o taverna (detta anche taberna in spagnolo come in latino) e la "natura morta", cioè la rappresentazione pittorica di utensili di cucina e alimentari (frutta, verdura ma anche piccoli animali morti da cucinare); quest'ultima accezione probabilmente nasce dal fatto stesso che nei bodegones si preparan anche cibi semplici per accompagnare il vino, tapas (cfr.il mio post sull'argomento).  Esiste la locuzione "darla con queso" (ingannare) perché il formaggio offerto come accompa-gnamento del vino non buono ne nasconde i difetti.

Abbiamo poi visto che il vocabolo bodega deriva dal latino apotheca (magazzino, luogo per conservare). Da quest'ultima derivano anche altre parole (basti pensare al francese boutique, negozio, al tedesco Apotheke, farmacia, e al francese apothicaire, farmacista, che in spagnolo si chiamano anche botica e boticario, con la stessa etimologia, così come il botiquín, piccola farmacia casalinga o cassetta del pronto soccorso).
Ma sempre dallo stesso vocabolo latino discendono gli italiani bottega e bottegaio (è vero che al giorno d'oggi il farmacista non è più uno speziale, ma solo un bottegaio venditore di prodotti già preparati).

Allora, se non bodega, come si dirà in spagnolo la bottega o negozio? No, non negocio come qualcuno tradurrebbe ad  orecchio  e che  invece (direttamente dal latino negotium)  vuol dire attività commerciale  o economica (è scarsamente usata l'accezione di bottega, luogo per vendere merce),  bensí tienda (il venditore è il tendero). *

Ma allora la tenda, quella che copre le finestre? Si chiama cortina! oppure visillo se è di quelle leggere, semitrasparenti. Una finestra ben vestita sfoggerà visillo, cortina e galería (la nostra "mantovana" che non voglio neppur sapere da cosa abbia preso il nome!).

Galería? E allora...come si chiama il traforo attraverso cui passa una strada o una ferrovia?
Túnel! (anche noi diciamo tunnel, no?).


Tornando ai negocios, come pensate che si chiami il luogo che noi chiamiamo ufficio (nel senso di luogo dove si svolge una mansione, un'incombenza legata all'attività lucrativa?) Oficina.
Chiaramente non si tratta di quello che in italiano si chiama officina, ovvero luogo dove si eseguono lavori di meccanica: questo significato in spagnolo lo riveste la parola taller (pron. tagliér) che ovviamente non è altro che l'atelier italiano (studio d'artista, laboratorio, bottega) mutuato dall' atelier francese, che riveste tutti i significati qui visti: bottega, officina, laboratorio, studio o ufficio.


Officina deriva dal latino opyfex (artefice) da cui discende anche l'opificio (fabbrica). Non così fucina, che deriva invece dal latino focus!
Per questa volta non voglio ficcarmi in ulteriori gineprai parlando di usine, fabrique, fabbrica, fabric...


Infine, per rispondere a una perplessità di Juhan sull'italiano parlato in Argentina: cinta con quel significato di orto non appare nel dizionario panhispanico della RAE, forse è una voce dialettale derivata dall'italiano recinto; ternero (sì, proprio con la N) invece è il vocabolo spagnolo che indica il vitello (da tierno = tenero).
Tutto quadra, ora?

* una botteguccia senza pretese si può chiamare, almeno in Canarias,  venta (vendita) o ventita


















1 commento:

  1. Uau! (wow!).
    Per cinta e ternero/tercero (pare si usino entrambe) mi riferivo a una constatazione personale: tanti contadini del posto hanno antenati che sono stati in Argentina (mio nonno) e restano segni come la cascina Bunes Eire o la località America. Nel 2000 (circa, dovrei controllare) ci sono stati una serie di visite tra Piemontesi e quelli di Cordoba (nord dell'Argentina) e la lingua usata da tutti è stata il piemontese, con variazioni e inserimenti: da noi più nessuno dice papè, craiun, drapò, loro ne usano di castellani. Lo sapete che oltre al mitico gaucho c'è anche il tano (= napoletano), una volta tanto ci si mette da parte l'elemento razziale ;-)
    Il tormentone potrebbe continuare, se interessa. Se poi si riuscisse a coinvolgere i vecchi...

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